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Nell’ultima pagina del mio libro Immagini Indelebili scrivo: un abbraccio a voi cari lettori, mi aspetto l’invio delle vostre immagini indelebili e il racconto di tanti inizi, semplici e leggeri.

Ringrazio tutti coloro mi hanno inviato un commento con un piccolo racconto che cercherò di pubblicare.

Ieri mi è arrivato uno scritto di una mia amica che ci tengo (autorizzato da lei) a raccontare.

Ciao Pasquale

un grande grazie per l’emozioni che mi ha trasmesso il tuo libro “Immagini Indelebili”, considera che per paura di perderne anche solo una , sono ben due volte che lo leggo e temo fortemente che presto arrivi anche la terza. Sono giorni che apro alcune pagine poi le richiudo e piano piano ho capito perché, la paura e l’angoscia della mia “immagine indelebile” è ancora tanta e credo che il tuo suggerimento per noi lettori di scriverti sia proprio arrivato al momento giusto. Eccomi qua sono Luisa (nome di fantasia), diciamo che non è semplice esprimere con la scrittura il trauma che questa mia immagine mi ha procurato, tante erano le emozioni di quel momento… paura, panico, il non capire cosa mi stava accadendo, il cercare di bloccare la mente stringendomi la testa fortemente con le mani per fermare i pensieri, ma non è stato sufficiente, ormai era arrivato il momento di fare i conti con tutto quello che per una vita ho cercato di nascondermi. Sì era arrivato il momento di fare i conti con tutto quello che per una vita ho cercato di nascondermi. Sì era arrivato il momento… in un pomeriggio in apparenza normale, avevo appena finito di pranzare insieme a mio marito e mio figlio, siamo scesi in giardino e insieme a noi sono scese anche tutte le discussioni che avevano accompagnato il pranzo, la rabbia era la compagna di quel momento e lo sguardo di mio figlio è stata la miccia che ha fatto esplodere la bomba che era in me… sì così semplicemente (si fa per dire)… quanta paura… sono corsa in casa per cercare di nascondermi agli occhi di mio marito e mio figlio, sono corsa in bagno… ricordo di aver guardato lo specchio sì ero io, mi sono asciugata gli occhi colmi di lacrime, sì ero io, il cuore batteva talmente forte da bloccare il respiro. Mi bagno il viso con acqua fredda, mi voglio svegliare da questo incubo, cerco di respirare con calma… piano piano … mi asciugo dal sudore… questi tremori gelidi non mi fanno star bene, mi devo calmare, non è credibile, non è vero, sarà frutto della mia fantasia, sarò troppo provata ultimamente, la mia mente mi sta facendo dei brutti scherzi, ma piano piano posso farcela e pian piano sto trovando il coraggio di scrivere la mia Immagine Indelebile, la mia è l’Immagine Indelebile di un Abuso. Sì, proprio così, un abuso… ecco ci sono riuscita… l’ho scritto. Prendo fiato un attimo e riparto. Dunque… lo spavento di quel momento è stato enorme anche perché ero tornata la Luisa di tanti anzi tantissimi anni prima, avevo circa cinque o forse sei anni… che bella bambina nel mio vestitino blu con colletto bianco, calzettoni di cotone bianchi traforati, che belle le freccine legate da un piccolo nastrino rosa di raso ma c’è una puzza nauseante, che brutto odore mamma mia a volte lo sento ancora e mi disgusta… piano piano… i miei genitori ai tempi avevano un allevamento di polli dove c’era anche la nostra casa in campagna, ecco questo odore… mia madre al pomeriggio andava nei capannoni a portare l’acqua a quei poveri polli ed io spesso andavo a trovarla, mio Dio quanti sono, che confusione, tante gabbie una sopra all’altra e per arrivare all’ultima gabbia serviva la scala, maledetta quella scala… c’è poca luce… mia madre non c’è… c’è tanto rumore e puzza ma vedo la scala , mi avvicino e vedo l’operaio dei miei genitori sulla scala. Il suo nome è P. lo conosco e non ho paura, mi avvicino… ciabatte di cuoio marroni, pantaloncini corti beige a gamba larga e canottiera bianca a costine. Quanto è brutto e sporco che puzza ma io so di essere tornata più volte sotto quella maledetta scala, il ricordo comincia a farsi confuso ed è molto difficile continuare. Ecco arriva il vomito, un nodo in gola e continuo a tenere la bocca serrata al punto di provare dolore… il corpo parla e io lo ascolto adesso, non mi nascondo più, so perché mi sta succedendo adesso, so perché. Penso che mi abbia abbassato i pantaloni…. piano piano.

Mio padre un giorno litigando furiosamente con mia madre mi mandò in cucina a prendere un coltello… Luisa và in cuseina a tor un culle, al mas al mas e tè deficeinta in du seret? a va a Curess al mas…… ti pregio mamma corri ho paura tanta paura corri prendi il coltello scappo… scappo … corro via… che paura, corro veloce giù dalle scale corro respiro, sto bene in spalla da lei, mi stringe forte, la paura è passata, ma non capisco bene il coltello, uccidere… non capisco bene e per circa quarantotto anni ho fatto in modo di non capire. Comunque … un bel respiro e proseguo… mio padre non ha ucciso nessuno e P. non si è più visto a casa nostra. Quanta strada ho fatto e quanta ancora devo farne… piano piano... ma ho fiducia, non sono sola… insieme cercando di mettere ordine…. Ecco è arrivata la notte e la mia mente comincia ad andare in giro tra le tante immagini indelebili più o meno confuse… la notte…un momento estremamente importante per me, sono sola, ho bisogno di rimanere sola, non che di giorno non lo sia, ma di notte è tutto più calmo, più pacato, più tranquillo, dovrei dormire…

Comunque, dopo questo evento riesco a darmi tante risposte e spiegazioni, tanto della mia vita è stato compromesso, ma io desidero tanto viverla finalmente questa vita, la mia… finalmente libera, finalmente me stessa… finalmente Luisa bambina e adulta finalmente insieme dopo tanto tempo… Un ringraziamento a mio figlio Carlo per aver acceso la miccia. Con grande affetto e stima. 

Cara Luisa grazie, grazie e ancora grazie infinite e di cuore. Non è immaginabile quello che l’abuso lascia nelle persone. In queste tue parole hai regalato, con semplicità e coraggio, le tue immagini indelebili, che chiamerei immagini irricordabili. Piano piano le hai tirate fuori, confuse, dolorose, angoscianti. La parte sul percorso terapeutico l’ho volutamente omessa, il tuo tirare fuori a distanza di anni è un atto di grande coraggio e di sfida. Il tuo brano diviene l’invito a chi legge di avere la tua stessa forza, per poter denunciare e bloccare l’ancora alto tasso di abusi che feriscono i bambini in tutto il mondo. Tu hai dato il tuo contributo, che se anche non riuscirà a avere un riscontro planetario, non salverà il mondo dagli orchi, rimarrà eroico anche bastasse a fremere un solo abuso. Per quel che riguarda la nuova Luisa questo articolo è il segnale della tua ripresa. Siamo tutti con te, quell’uomo (quel decerebrato) ti ha tolto tanto, ma la tua capacità di resilienza è la dimostrazione che nonostante le nostra ferite, le immagini di malattia, di morte, di abuso, possiamo farcela e tornare a una nuova vita, darci un’altra possibilità. Attendo come sempre i commenti dei lettori.